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Ciao Mattia, bentornato in SAE Institute Milano! Come come stai? Come sta andando questo periodo?
Tutto bene! Sicuramente, dal punto di vista lavorativo sta andando bene, sto facendo più cose diverse contemporaneamente. Come regista sto raggiungendo obiettivi interessanti nel mondo della moda, come la campagna di Dolce & Gabbana e Persol. Non sto facendo solo il regista, che rimane comunque il mio più grande sogno, ma sto esplorando anche altre strade e scoprendo altre professioni che mi stanno interessando molto. Infatti, sono digital project manager di un nuovo brand di moda, Aurilio. Sto lavorando anche con altri brand sempre nell’ambito della strategia dei contenuti social e nella realizzazione dei contenuti social. In questo caso il linguaggio cambia totalmente da quello che è l’approccio tradizionale di un regista. C’è un approccio registico anche nella realizzazione di contenuti social, ma è sicuramente diverso, perché l’obiettivo del contenuto è diverso rispetto a quello di un prodotto cinematografico.
In che modo l’approccio registico si declina in un ambito come quello dei social e che differenze ci sono con quello più comunemente conosciuto del settore cinematografico?
Ci sono sicuramente un sacco di aspetti che sono in comune, dalla pre-produzione, alla scrittura del video, fino alla realizzazione. Dal punto di vista registico cambia proprio l’obiettivo del prodotto. Un regista deve comunicare a chi vede il video, deve far passare un certo tipo di concetto, e questo va raccontato nel modo giusto per immagini. Ci sono delle regole da seguire, e se non vengono rispettate si rischia di non far passare il messaggio. Nell’ambito dei social ci sono, invece, altri aspetti. L’obiettivo di vendere, raggiungere la viralità: sono cose che ti staccano molto da alcuni concetti registici e richiedono un approccio differente. Non è detto che serva usare telecamere professionali, non è detto che serva fare degli editing perfetti. Sui social conta molto l’obiettivo, ovvero attirare l’attenzione e trattenerla. Ti faccio un esempio: da quattro anni lavoro per un brand di moda e inizialmente approcciavamo i contenuti social come se fossero estratti di una campagna. Ma con l’evoluzione dei social, questi finivano per non funzionare, perché magari chi si ritrovava a guardare il video lo percepiva come una pubblicità. Poi, lavorando sulla viralità stessa e sul linguaggio specifico dei social, abbiamo completamente cambiato l’approccio e ne abbiamo beneficiato.
Abbiamo già visto con questi tuoi primi racconti come le strade professionali che si possono intraprendere siano molteplici. Ma come è iniziato il tuo percorso? Come ti sei avvicinato inizialmente al mondo del video?
Sono sempre stato un ragazzino che passava il proprio tempo in cameretta al computer. Non sapevo ancora di voler fare i video, ma, non so perché, a un certo punto ho iniziato a scaricare i video dei goal della mia squadra di calcio preferita e li rimontavo. Oppure, andavo in skate, mi filmavo e montavo i video. Al liceo avevo degli amici che cantavano e li ho aiutati a realizzare i loro videoclip. Si può dire che il mio percorso sia partito proprio dai videoclip, e così anche le prime conoscenze lavorative, fino poi ad arrivare ad artisti importanti con i quali ho lavorato. Quando gli artisti con cui lavoravo hanno iniziato a collaborare con i brand per varie pubblicità o altre attività, anche io mi sono un po’ più spostato sulla moda. Con il passare del tempo è diventato più un fattore di budget, perché, rispetto al mondo musicale, in Italia nella moda ci sono sicuramente più soldi. I brand di moda italiani importanti sono rinomati in tutto il mondo: se fai una campagna, per esempio, per Dolce & Gabbana, la stai facendo per tutto il mondo, mentre se stai facendo un video per un artista italiano, lo stai facendo per quella nicchia. Nella moda c’è anche più spazio per lo sfogo creativo, c’è più libertà creativa, al contrario del seguire un artista musicale, che invece ha molti più paletti.
La moda e la musica sono stati gli ambiti che hai esplorato di più, quindi. Ci sono altre differenze sostanziali tra questi mondi per un videomaker?
Lavorare con gli artisti in ambito musicale non è facile, per quanto mi sia servito molto come esperienza perchè mi è stato come una scuola per interpretarli. Ho imparato tante cose, mi piace anche molto interpretare in linguaggio video la loro visione. Dal punto di vista effettivo di realizzare di realizzare un videoclip del mondo musicale, ti devi attenere alla brand identity dell’artista, c’è poco della brand identity del regista, per quanto comunque tu possa mettere parte del tuo stile. È così anche nella moda, perché la brand identity dei brand è molto importante, ma a livello registico forse ci sono meno paletti.
Quali sono gli aspetti su cui ti soffermi di più quando ti approcci a un nuovo progetto, che sia un brand di moda o un artista? È una fase molto importante del processo in cui devi iniziare a conoscere una realtà e capirla per interpretarla al meglio.
Sicuramente guardo come si presentano, cosa realizzano e come si presentano sui social, sul loro sito, qual è la loro immagine. Mi informo su cosa stanno presentando al momento, quindi qual è il concetto della collezione o del prodotto che devono vendere. Chiedo sempre tutto il materiale che hanno a disposizione, dalla presentazione della collezione stessa, per esempio, alla brand identity. In ogni caso, mi piace molto parlare con il team per cercare di raccogliere più informazioni possibili, ma non sempre questo è possibile. Molti brand con i quali lavoro magari sono già molto conosciuti e danno per scontato che tu sappia quello che vogliono. Nel mio caso, poi, c’è stata sempre una componente di forza d’attrazione: non mi è mai capitato di lavorare per dei brand totalmente diversi dal mio gusto personale o da ciò che riesco a capire facilmente. Lavoro in modo continuativo con delle agenzie di moda che sanno effettivamente se un progetto è adatto a me e se, viceversa, io sono adatto a quel lavoro. Il mio consiglio è quello di fare il più possibile ciò che piace e ciò che appassiona, perché è quello che si riesce ad interpretare meglio.
Qual è il tuo momento preferito di tutto il processo di produzione di un video?
Il giorno dello shooting è la mia parte preferita. Come accennavo prima, sono appassionato di calcio, giocavo a calcio da ragazzino, e ricordo benissimo l’ansia e l’adrenalina del giorno della partita. È una cosa che rivedo molto nel processo di pre-produzione che porta a quel giorno, che viene progettato in modo da poterselo godere al meglio. Potrebbe andare tutto a rotoli e diventare un incubo, ma più spesso sono delle belle giornate di cui conservo dei bei ricordi. Quando mi assegnano un lavoro, mi occupo dell’intero progetto, dalla regia, all’editing, alla post-produzione, a parte il 3D. Per molti progetti nella moda lavoro in duo con un altro ragazzo che era in classe con me in SAE, Alexander Coppola, e insieme ci occupiamo anche di tutta la post-produzione, oltre che della regia. Lui, per esempio, fa molto bene anche la color correction. Mi piace anche molto lavorare sull’audio. Vado spesso in studio da un ragazzo che lavora con noi mentre lavora all’audio. Spesso mi capita di partecipare attivamente alla pre-produzione, perché per alcune case di produzione sono un regista freelance, ma nel caso di altri lavori il cliente è mio, quindi seguo anche tutta la pre-produzione, anche se a volte vorrei concentrarmi solo sulla parte creativa.
Quanto è importante trovare le persone giuste con cui collaborare e come capisci che sono “quelle giuste”?
Essendo freelance e non lavorando per un’azienda specifica mi sono un po’ scelto le persone con cui lavorare, in gran parte perché sono brave nel loro lavoro, ma anche perché ci troviamo bene umanamente. Ho avuto anche brutte esperienze da questo punto di vista, e molte di queste mi hanno fatto passare la voglia di affrontare il lavoro. Molte delle persone con cui mi sono ritrovato a lavorare arrivano da SAE Institute. Uno degli aspetti per cui SAE Institute è molto utile è proprio il fatto che ti permette di conoscere coetanei che ambiscono a lavorare nello stesso settore. Con alcuni ancora sono in contatto, sia del mio anno che degli anni precedenti. Come dicevamo, anche io e Alexander, che lavoriamo come duo di registi, ci siamo conosciuti in SAE Institute e abbiamo costruito un bellissimo rapporto. Sono molto contento perché, anche nei giorni di lavoro, riesco a condividere il lavoro con persone con cui mi trovo bene sotto tutti i punti di vista, con le quali c’è un rapporto di amicizia. Mi piace molto lavorare con gli amici, per quanto sia volte complicato e non sempre facile. Molte delle mie collaborazioni con i brand di moda sono nate da conoscenze in comune, non da un contatto su LinkedIn.
Qual è la competenza che hai trovato più utile avere quando ti sei affacciato alla realizzazione dei tuoi primi progetti come professionista?
Personalmente mi è stato utile avere una conoscenza ampia di tutti i settori dell’ecosistema video. La pre-produzione, la post-produzione, la strategia dei contenuti, la realizzazione di un piano editoriale, o sapere come comunicare con delle agenzie o con degli uffici stampa, realizzare un evento. Ho imparato che quando sei parte attiva di un team per un progetto, che tu stia creando un locale, un bar, una panetteria o un brand di moda, ci sono certi aspetti che ritrovi ovunque. Quindi essere completi è importante, anche perché un regista deve comunicare con tutti reparti, deve controllare tutti i team in fase di post-produzione, e in egual modo, un project manager deve comunicare con tutti i reparti e tenere tutto sotto controllo. Se ti ritrovi a parlare con un 3D Artist senza conoscere effettivamente quello che sta facendo, poi ti ritrovi a non capire, a perdere dei passaggi e non riuscire magari a comunicare nel modo giusto.
Quali sono i tuoi prossimi obiettivi a livello professionale?
Direi realizzare dei video importanti per campagne importanti di moda. In un’intervista che ho fatto un anno fa ho detto che uno dei miei obiettivi era fare la regia di una sfilata di moda, e ne ho fatte due. Quindi, tra i miei obiettivi c’è sicuramente continuare anche con la regia delle sfilate e anche questo progetto con Aurilio si concretizzi in qualcosa di duraturo. Sta già andando molto bene, ma mi piacerebbe avere la sfera di cristallo per sapere se stiamo lavorando nella maniera giusta, ma la percezione è buona.
Cosa consiglieresti a un giovane o una giovane studentessa SAE che si approccia a questo lavoro?
Di non precludersi nessun aspetto, di interessarsi a tutti gli aspetti della produzione video, perché nella fase iniziale non sappiamo davvero cosa ci piace fare. Poi, come dicevo prima, è davvero importante coltivare rapporti umani e lavorativi sia durante gli anni scolastici che dopo. Ci si ritrova anche di conseguenza e in modo molto naturale a occuparsi di questo e a fare parte di questo mondo, che ti posso anche dire che, secondo me, è un bel mondo.