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SAE Alumni Stories – Riccardo Cherchi

Alumno di Produzione Audio, Riccardo Cherchi è il co-fondatore di NTS Audio, azienda di in-ear pro oggi tra i più utilizzati dagli artisti italiani. Basti pensare che nella scorsa edizione di Sanremo, circa 20 artisti si sono esibiti utilizzando gli in-ear di NTS. In questa intervista, Riccardo ci racconta il suo percorso dagli albori suonando la chitarra con la sua prima band all’intuizione che l’ha portato alla creazione di NTS.
Ciao Riccardo e bentornato in SAE! Come stai, come sta andando questo periodo? È da poco finito Sanremo, immagino che con NTS siate stati molto impegnati anche quest’anno.
Ciao e grazie per questa intervista! Sto bene anche se, come dicevi, siamo stati molto impegnati con Sanremo, ogni anno abbiamo sempre più artisti. Quest’anno ne avevamo una ventina, tra questi anche gli artisti che erano sul podio: Angelina aveva le nostre cuffie, ma anche Mahmood, Nek, Renga, Rose Villain e altri guest.
Vorrei partire dall’inizio del tuo percorso: come ti sei avvicinato al mondo dell’audio e come sei arrivato a studiare in SAE?
Vengo dalla Sardegna, più precisamente da un paesino di 4000 anime. Ho iniziato, come spesso accade, suonando la chitarra in una band. Non avendo modo di finanziarci le registrazioni di un disco, abbiamo dovuto imparare a farlo da noi. In quel periodo io e un mio amico abbiamo aperto un piccolo studio: era praticamente uno scantinato con una batteria e un computer, ma è da lì che siamo partiti. Dopo la maturità ho iniziato a chiedermi cosa fare, e ho deciso di raccogliere i miei risparmi e di partire per Milano per studiare in SAE. Durante il mio percorso di studi in SAE ero sempre in studio, anche il sabato e la domenica: l’ho vissuta appieno.
Come hai vissuto il passaggio dal suonare la chitarra con gli amici ad essere immerso nell’ambiente di SAE a tempo pieno?
Mi definisco abbastanza un nerd, mi piace molto la tecnologia. Inizialmente questo sfociava nello studio della chitarra, dei pedali, delle corde, dei setting. Una volta scoperto il computer, questa attitudine si è riversata sulla registrazione e, in questo ambito, frequentare una scuola aiuta, a prescindere da quello che farai poi di lavoro. Il sogno della mia vita è sempre stato fare il fonico, ma con il senno di poi ho capito che non bisogna mettersi troppi paletti, perché diventa limitante. Studiare dà disciplina e insegna a interfacciarsi in maniera diversa al mondo del lavoro. In un certo senso ti permette anche di temporeggiare, immergendoti nel mondo che ti piace e provare cose diverse. 
Finito il percorso in SAE inizi a lavorare come fonico. Che esperienze hai fatto?
Ho fatto il fonico freelance, con tutte le difficoltà del caso: cercare lavori, fare esperienza nel live a partire dai piccoli locali, ma ho lavorato anche per alcune fiere nei supermercati. Me ne ricordo una che riguardava la pasticceria e io ero il fonico che microfonava il pasticcere. Ho lavorato per qualche anno anche al Massive Arts come tecnico di sala. Tutte queste esperienze sono state utili per diversi motivi. Prima di tutto dovevo mantenermi: volevo rimanere a Milano, l’alternativa era tornare in Sardegna, cosa che non volevo. Quindi ho fatto di tutto, dal live allo studio, che è sempre stato il mio sogno. Un giorno un mio amico mi chiede di registrare il suo disco, ed è così che conosco Alessandro, il chitarrista della band e oggi mio socio di NTS. Alessandro faceva l’audioprotesista, aveva un centro acustico. Nel periodo di registrazione del disco ci avviciniamo e scopriamo di avere la stessa passione per la tecnologia, finendo per parlare degli in-ear, che combinavano il mio lavoro in ambito audio con le sue competenze sull’anatomia. Così nasce NTS.
Come si è legato NTS al lavoro che facevi prima? C’è stata una continuità nell’utilizzo di certe competenze?
C’è stata sicuramente una continuità nell’utilizzo delle competenze audio in senso generico. Può sembrare paradossale, ma le competenze che mi sono state più utili sono state quelle che ho imparato al primo anno, quindi proprio quelle tecniche: dagli equalizzatori, al funzionamento di un circuito, ai componenti passivi. Oltre a questo, mi ha aiutato molto anche il fatto di aver mixato e ascoltato tantissime cose in modo critico per lavoro per molti anni. Tutte queste esperienze diverse aiutano a creare il proprio background. 
Le cuffie di NTS non sono solo degli in-ear, ma per la loro caratteristica di essere personalizzabili anche esteticamente, e non solo per essere su misura, diventano a tutti gli effetti parte degli outfit degli artisti. Com’è arrivata questa intuizione?
Ci siamo chiesti come potessimo differenziarci rispetto alle altre aziende di in-ear, come fare qualcosa di diverso, quindi abbiamo puntato tanto sull’estetica, facendo le personalizzazioni più pazze. La prima personalizzazione con i gioielli è stata quella di Francesco Sarcina, il cantante delle Vibrazioni. Aveva già fatto diverse cuffie da noi, ma una sera ci chiede di vederci, e ci dice “questa volta voglio metterci questi”. Si mette la mano in tasca e tira fuori due piccoli teschi d’argento. Così, mentre ancora il nostro laboratorio era la casetta degli attrezzi di Alessandro, ci siamo inventati un modo per incollarli sulle cuffie. Dopo questo avvenimento, vedendoci del potenziale, mi sono messo in contatto con un ragazzo che lavorava da Nove25, una famosa gioielleria di Milano, e così è nata la collaborazione con loro. Come prima commissione abbiamo fatto un paio di cuffie ricoperte di brillanti a Marracash. Quando altri artisti le hanno viste, ce le hanno chieste a loro volta.
Come funzionano le vostre collaborazioni con gli artisti?
Non c’è un processo preciso. Per esempio, Mahmood le aveva viste da qualcuno e ci ha contattati per farle per sé. Ora che ne abbiamo fatte tante è comune che gli artisti le vedano in giro e che vengano da noi direttamente. Una volta che l’artista ci contatta, viene a scegliere le cuffie, sceglie il modello e parliamo della personalizzazione. Ci sono anche momenti più “nerd” in cui ti chiedono specifiche tecniche sul numero di speaker che compone la cuffia e così via.
Com’è stato vedere quest’anno tutti quegli artisti Sanremo con le vostre cuffie?
È stato bello e logorante allo stesso tempo. Io e Alessandro ormai abbiamo i nostri riti inviolabili durante Sanremo. La prima la guardiamo io e lui insieme, solo noi, mentre dalla seconda serata, ognuno a casa sua. I primi 10 secondi sono quelli più tesi, sono quelli in cui si vede se va tutto bene e se l’artista non ha problemi. Per esempio, l’anno scorso Blanco aveva le nostre cuffie nell’esibizione diventata famosa. Mentre guardavamo la scena avevamo un macigno sul petto, fino a che si è capito che non era un problema di in-ear, ma di body pack. In generale è sempre un momento frenetico. Quest’anno abbiamo fatto delle cuffie per un artista che abbiamo consegnato il venerdì quando si esibiva il lunedì, oppure consegnate il lunedì per il martedì. Dopo le prime serate iniziamo a godercelo, ed è stato bellissimo vincerlo con Blanco l’anno scorso e Angelina quest’anno. 
C’è una competenza o una caratteristica caratteriale in particolare che ti ha aiutato ad affrontare il mondo del lavoro?
Non la definirei una competenza lavorativa, direi il “tenere botta”. Il lavoro non ti bussa alla porta, non è mai una strada in discesa. Devi proprio impegnarti, avere costanza. Io sono arrivato a fare tre lavori contemporaneamente: facevo le cuffie, lavoravo al Massive Arts, e facevo il fonico freelance. C’erano giornate in cui iniziavo alle 10:00 al Massive Arts e finivo alle 18, poi andavo a mixare, e alle 20 Alessandro veniva a prendermi e andavamo a fare le cuffie. Una persona può avere tutte le skill del mondo, può essere il fonico più bravo, può avere un orecchio incredibile. Però se non c’è costanza, se non ci sono impegno e devozione rischia di mollare alle prime difficoltà, è questo che fa la differenza. 
Che consiglio daresti agli studenti e alle studentesse che vogliono intraprendere un percorso professionale in questo settore?
Non mettetevi troppi paletti. Sondate! Siete giovani, provate, sperimentate, andate a fare cose che magari non vi piacciono o che non pensate possano essere la vostra strada, perché vi potreste stupire. E quando trovate la vostra strada, non mollate.
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